La Sindaca di Torino Chiara Appendino è stata tra i primi a sottoscrivere il patto di weTree.
Nel 2007 il Comune di Torino, auspice l’Università di Torino, pose una lapide sull’angolo di Corso Massimo d’Azeglio, di fronte alle Aule di Chimica frequentate da Primo Levi (1919-1987). Accanto alla lapide avrebbe dovuto essere piantato un faggio. Cosa che non avvenne per anni. Grazie all’interessamento di Paolo Bertinetti e di Stefano Geuna, rispettivamente Professore Emerito e Rettore dell’Università di Torino, è stata l’Associazione weTree a prendersi cura di portare a termine, con il Comune di Torino, questo omaggio a Primo Levi.
Lasciamo che sia Paolo Bertinetti a raccontarci il senso di questo piccolo ma simbolico gesto.
Il Faggio per Primo Levi
“Nella tradizione ebraica piantare un albero è simbolo di pace, di fratellanza, di amore verso la terra: rappresenta la continuità della vita. In Israele vengono piantati degli alberi in ricordo di eventi passati, in onore o memoria di coloro che si sono distinti per meriti, o per celebrare ricorrenze, sia tristi che liete, come segno tangibile di amore verso la natura.
Per questa ragione si è pensato di piantare un albero accanto alla lapide posta sull’angolo di Corso Massimo d’Azeglio, quasi di fronte agli edifici della Facoltà di Scienze che Primo Levi frequentò per laurearsi con lode in Chimica nel 1941, un paio d’anni prima di essere arrestato dalla milizia fascista e poi internato nel lager di Buna-Monowitz (Auschwitz III).
Nella Bibbia molte sono le allusioni e i riferimenti agli alberi: quasi sempre si tratta di alberi importanti per la loro funzione alimentare, in qualche caso di alberi che simboleggiano la benedizione divina, in tutti i casi di alberi che crescevano e crescono nella regione palestinese. Il faggio non viene citato: non è un albero di quei luoghi, ma lo è dei nostri colli e dei nostri monti. E’ forse quello più nobile, ispiratore delle colonne delle cattedrali gotiche, accostato nell’antichità a miti e leggende, ritenuto portatore di poteri magici, considerato ponte tra materia e spirito, tra uomo e Dio. O più semplicemente portafortuna, ragion per cui un braccialetto del suo legno aiuterebbe la realizzazione di un desiderio.
E poi c’è il verso di Virgilio, che certamente Primo Levi studiò al Liceo D’Azeglio: “Tityre, tu patulae recubans sub tegmine fagi“, “Titiro, tu che stai sdraiato sotto il riparo di un ampio faggio”.
Col tempo, anche il faggio piantato accanto alla lapide coprirà con l’ombra della sua chioma la lapide di Primo Levi. E invoglierà il passante a fermarsi, a leggerla e a ricordare.”
Paolo Bertinetti, Professore Emerito di Letteratura inglese, Università di Torino