La ricerca di nuovi spazi verdi in contesti abitativi congestionati riscuote sempre maggiore interesse tra i cittadini, specie nelle grandi città dove la densità edilizia spesso opprimente, l’inquinamento dell’aria e di recente anche l’esperienza di confinamento domestico dovuta all’epidemia di Covid-19 hanno accentuato il desiderio di contatto con la natura, percepito ora come un vero e proprio diritto, essenziale per il benessere psicofisico individuale.
Le forme dell’abitare possono evolvere e cambiare per rispondere a questa necessità e una delle possibilità è cominciare proprio dalle nostre case, trasformando i tetti in orti e giardini, non solo a uso di singoli o nuclei familiari, ma anche per rispondere a esigenze di tipo comunitario.
Il potenziale dei tetti piani è notevole: si tratta di migliaia di metri quadri, pari al 20% delle superfici urbane. Uno spazio immenso a portata di mano che consente al contempo di correggere alcune abitudini altamente nocive per l’ambiente. La scelta di rifornirsi di prodotti provenienti da aree agricole lontane, per esempio, incide sulla frequenza dei trasporti, considerati tra le principali cause di inquinamento atmosferico, mentre l’approvvigionamento di cibo può avvenire in modo più economico ed ecologico sfruttando spazi di immediata prossimità come gli orti sui tetti, di fatto “a metro zero”.
La progettazione di tetti verdi contribuisce inoltre a migliorare le prestazioni energetiche degli edifici in un’ottica disostenibilità, perché riduce la dipendenza da fonti energetiche esterne, a cominciare dall’uso di climatizzatori. È infatti dimostrato che le superfici verdi, analogamente a quelle chiare, grazie all’effetto albedo (dispersione termica tramite riflessione della radiazione solare), contribuiscono a ridurre le temperature delle cosiddette isole di calore tipiche dei luoghi fortemente urbanizzati.
La conversione di tetti scuri in spazi verdi avrebbe poi vantaggi non solo a livello dei singoli complessi edilizi, ma ad ampio raggio su tutta l’estensione urbana, consentendo un miglioramento della qualità dell’aria, un reimpiego proficuo dell’acqua piovana, un incremento della biodiversità e il riciclo di scarti alimentari e sfalci per la produzione di compost. Un modo insomma per introdurre l’economia circolare nella routine domestica e comunitaria.
La partecipazione attiva dei cittadini ha già permesso di sperimentare modelli alternativi di produzione e consumo di cibo, con modalità spesso aggregative, piacevoli e socialmente utili, e con ritorni economici anche incoraggianti.
È il caso per esempio dell’Ortoalto Le fonderie Ozanam, orto pensile di comunità realizzato nel 2016 a Borgo Vittoria, nella periferia nord di Torino, dall’associazione OrtiAlti con il contributo di vari enti, cooperative e associazioni bancarie. Nato come progetto pilota di una serie di orti pensili che l’associazione sta promuovendo anche in altre parti d’Italia, ha preso vita in una ex fabbrica dismessa di proprietà del Comune, oggi sede di organizzazioni del terzo settore, dove si trova anche Meeting Service, una cooperativa impegnata nel recupero di giovani disabili e disagiati.
In questo edificio ispirato alla struttura di una nave, con un sistema di coperture piane che ricordano proprio i ponti delle imbarcazioni, progettato nel 1938 dall’architetto futurista di origine bulgara Nicolaj Diulgheroff, Meeting Service ha dato vita a una scuola di cucina e al Ristorante Le Fonderie Ozanam, che propone pietanze a base di prodotti equosolidali e di verdure biologiche coltivate… al piano di sopra! L’Ortoalto occupa infatti uno spazio di 300 m2proprio sul tetto del ristorante, dove è stato possibile disporre anche un apiario per la produzione di miele.
La cura del verde pensile e dell’orto è affidata ai giovani della cooperativa e funziona anche come luogo di formazione professionale per migranti e disoccupati, che collaborano alla rigenerazione di questo grande complesso architettonico costituito da vari edifici e cortili contigui. Aperto ai cittadini due volte a settimana e nei weekend per laboratori con i bambini, spettacoli e concerti, l’orto di Casa Ozanam è diventato un giardino condiviso, terreno fertile per iniziative culturali e ricreative.
Grazie al coinvolgimento delle altre associazioni del condominio e all’impegno spontaneo degli abitanti del quartiere, l’ex fonderia è oggi il cuore di beeozanam, uno spazio ibrido nato da un progetto di innovazione sociale inclusivo e sostenibile che dimostra su quanti fronti possa essere fruttuoso (letteralmente) ripartire dal verde per cambiare il volto delle città.
Risorse bibliografiche consultate:
E. Carmagnani, Emanuela Saporito e Gianluigi Punzo, Come fare… l’orto sul tetto, Sistemi editoriali 2020.
Mariella Bussolati e Isabella Giorgini, Come fare… l’orto in città, Sistemi editoriali 2014.
T. Susca, S.R. Gaffin, G.R. Dell’Osso. 2011. Positive effects of vegetation: Urban heat island and green roofs.Environmental Pollution 159: 2119-2126.
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