Editoriale di Maria Lodovica Gullino, pubblicato nello speciale “Nuove Energie” di Torino Magazine
Oggi, nella grande euforia post-pandemia, ritorna una gran voglia di verde. La forestazione urbana, rivisitata e valorizzata con una piena e consapevole valutazione dei numerosi servizi ecosistemici forniti, permette di migliorare la qualità della vita degli abitanti
I lunghi periodi di confinamento tra le mura domestiche ci hanno fatto apprezzare il verde e capire, se mai ce ne fosse bisogno, l’importanza di disporre di aree verdi in città. Piccoli “boschi” che ci permettano di rigenerarci, offrendo ristoro e quella sensazione di “respirare” che tanto spesso ci sono mancati.
Qual è il senso dei cosiddetti “boschi” urbani? Va detto, per cominciare, che la forestazione urbana nasce e si sviluppa come vera e propria disciplina negli Stati Uniti. I principali concetti di arboricoltura urbana (urban forestry) li dobbiamo alla International Society of Arboricolture (ISA), fondata circa un secolo fa negli Stati Uniti e ora attiva in tutto il mondo. Grande impulso all’arboricoltura moderna la dobbiamo, negli anni 1970-1980, al ricercatore americano Alex Shigo. In Italia opera, a partire dall’inizio degli anni ’90, la Società Italiana di Arboricoltura (SIA), charter italiano della ISA. L’obiettivo è quello di coltivare e gestire gli alberi in relazione al loro contributo effettivo e potenziale al benessere fisiologico, sociologico ed economico della società urbana. La foresta urbana viene definita come quella porzione dell’ecosistema urbano che consiste di vegetazione forestale, acqua, terreno e vita selvatica in aree densamente popolate e nelle zone adiacenti. In questa sua più ampia accezione, si può ancora individuare la forestazione urbana come la cura dell’insieme di tutti gli elementi a vario grado di naturalità (giardini, parchi, boschi, aiuole, fiumi, ecc.) del territorio urbano e rurale dei grandi hinterland. La forestazione urbana impiega diverse tipologie e modalità di intervento: alcune caratterizzate da un verde intensivo, ma soprattutto relative al verde più estensivo, che si riconducono ai moderni princìpi delle scienze forestali e dell’agroecologia.
L’Italia ha visto interessanti esperienze, a partire dal primo dopoguerra, per arrivare, nello stesso anno della formazione del Parco del Ticino (1974), al Boscoincittà di Italia Nostra, a Milano, con una grande partecipazione di volontariato. È il primo intervento di forestazione urbana fortemente innovativo e quasi rivoluzionario: si ipotizza la costruzione di un verde estensivo a basso costo su aree pubbliche, largamente e liberamente fruibile dalla popolazione cittadina. Un verde quindi contrapposto sia al verde urbano intensivo, a quei tempi poco fruibile, sia agli spazi agricoli monocolturali. Il Boscoincittà, poi divenuto Centro per la Forestazione Urbana, ha anticipato, con i successivi interventi e ampliamenti, le innovazioni via via introdotte nel settore, divenendo un esempio ben riconosciuto e un riferimento culturale e tecnico apprezzato.
Oggi, nella grande euforia post-pandemia, ritorna una gran voglia di verde. La forestazione urbana viene oggi rivisitata e valorizzata con una piena e consapevole valutazione dei numerosi servizi ecosistemici forniti, dall’incremento reale della superficie a vegetazione forestale su terreno permeabile alla ritenzione idrica, alla regolazione e fitodepurazione delle acque. Senza sottovalutare il ruolo svolto dagli interventi di forestazione nell’incremento della sostanza organica nei terreni e della biodiversità in ambiente urbano, nell’abbassamento locale della temperatura, nella diminuzione del rumore di fondo e nella cattura di gas climalteranti. In generale, il bosco in città permette di migliorare la qualità della vita dei suoi abitanti, con il coinvolgimento attivo della popolazione e delle associazioni. Un più attento monitoraggio dei servizi ecosistemici offerti realmente (ad esempio un calcolo dell’anidride carbonica stoccata), e la loro condivisione, sensibilizzerebbe verso un’attenzione diffusa e azioni politiche conseguenti. I nuovi strumenti offerti da app e intelligenza artificiale oggi consentono una ancor più sentita e consapevole partecipazione del pubblico.