(Udine, 31 marzo 1895 – Sacile, 30 giugno 1956)
Prima donna che si dedica alla “fitogeografia”: “figura umanissima e per nulla retorica”, con un’indole “avventurosa e dinamica ma contemporaneamente sognante e femminile, in un intreccio armonioso e naturale” (Noacco 2003).
Il brano che segue è tratto da “Scampagnata a Montereale”, racconto in cui l’autrice immagina l’incontro con un giovanotto che le fa una corte discreta; al quale giovane ignaro la protagonista fa compiere un’escursione spericolata e ammannisce una lezione estemporanea di botanica, geologia e storia locale, lasciandolo per le sue più recondite aspettative a bocca asciutta.
“Non scorgendo più nessuno sul tronco di strada, che tuttavia poteva scorgere per un tratto abbastanza lungo, e sapendo che i compagni di gita avevano l’ intenzione di fare il giro del colle, pensò che ormai li avrebbe raggiunti più facilmente scavalcando la dorsale. Perciò, raccolti i suoi fiori nell’ampio cappello di paglia, come in un cestino, si accingeva a riprendere la salita, quando una voce risuonò inattesa alle sue spalle:
«Com’è mai possibile che una graziosa signorina sia tanto misantropa da abbandonare in questo modo la compagnia?».
Zaira si volse a squadrare lo sconosciuto che le rivolgeva così la parola.
«Veramente io non ho abbandonato nessuno. Ho solo deviato raccogliendo ciclamini – e mostrò il suo carico profumato – Lei però non fa parte della mia compagnia».
«La faccio, signorina».
«No, non l’ho mai veduta prima d’ora».
«Le dirò. Sono un compagno aggiunto. Sono arrivato in motocicletta quando loro stavan ammirando gli affreschi e poiché nel gruppo ho trovato dei vecchi amici, mi sono unito a loro».
«Capisco. Non ci ho fatto caso».
«Fuori dalla chiesa poi, come lei è stata attratta dai ciclamini, così io sono stato attratto da un cappellone bianco, che sembrava un’enorme margherita fra i cespugli ed eccomi qua. Se me lo permette mi presento: Paolo Morelli».
«Zaira Nivales».
«Zaira…bellissimo nome».
Silvia Zenari dovrebbe essere conosciuta da tutti coloro che studiano quella parte della botanica che oggi è chiamata “fitogeografia”. Friulana, laureata in Scienze Naturali e in seguito assistente all’Istituto di Botanica di Padova, è lei la prima donna che si dedica a questi argomenti. Instancabile e testarda, gracile ma al tempo stesso energica e resistente, tra gli anni Trenta e Cinquanta si avventurò alla scoperta delle Dolomiti, completando il primo studio botanico ed ecologico, soprattutto nelle aree di Belluno, Cadore e Comelico. In un racconto inedito, intitolato “Avventura al confine”, lei stessa ci rivela la sua attività di ricerca sul campo:
“Negli anni precedenti l’ultima guerra possedevo una Fiat 514 della quale conservo sempre graditissimo ricordo, perché mi era di prezioso aiuto nelle mie ricerche di geologia e fitogeografia alpina, brava com’era ad arrampicarsi su per qualsiasi straducola alpina, purché ci fosse lo spazio sufficiente a posarvi le quattro ruote e questo senza mai darmi noia alcuna per cambi, balestre, bronzine od altro. Un vero muletto d’artiglieria da montagna! In quell’anno 1936 lavoravo sulle Alpi Breonie, in Alto Adige e, con base a Vipiteno, perlustravo sistematicamente monti e vallate, parte in macchina e parte a piedi, secondo le possibilità, in modo da avere il più vasto raggio d’azione possibile. Mio scopo era quello di compiere lo studio completo della copertura vegetale di quel territorio, rilevando la composizione floristica delle diverse formazioni ed il loro variare col cambiare della stazione, dell’altitudine, dell’esposizione, della natura delle rocce ecc.”
Silvia Zenari, Avventura al confine, scritto presumibilmente nel secondo dopoguerra.
Presso l’Istituto di Botanica dell’Università di Padova, allestì un erbario di circa 20.000 specie, considerato uno dei migliori erbari regionali italiani. Nel corso della sua attività di ricercatrice, Silvia pubblicò studi e ricerche di botanica e geografia botanica. Eppure la sua prima passione e probabilmente il settore cui teneva maggiormente fu proprio la geologia. Il suo lavoro chiude il periodo classico dell’esplorazione botanica nelle Alpi Orientali, aprendo la strada agli studi floristici moderni. Per oltre trent’anni, il suo lavoro rimase il punto di riferimento scientifico in ambito di analisi fitosociologica delle Dolomiti.
Nel 1948 le fu assegnato il premio dell’Accademia dei Lincei per le Scienze Naturali per l’originalità e il buon criterio dei suoi studi sulla vegetazione delle Alpi Venete e Cadorine; in essi, venivano segnalate per la prima volta alcune forme e varietà floristiche nuove per la regione Italiana. Pochi anni dopo, tramite un concorso per la cattedra di Botanica a Camerino, ottenne l’idoneità alla cattedra universitaria. Gli anni a seguire furono caratterizzati da un’assidua (e quasi febbrile) attività: compì numerose escursioni, raccogliendo materiale e continuando a scrivere, in particolare (anni 1953-1954) sulla distribuzione della flora nel Cadore; stava inoltre redigendo un manuale per escursionisti, un lavoro divulgativo che potesse facilitare la determinazione delle più comuni piante dell’Italia settentrionale.
Ma la sua carriera si interruppe duramente un giorno di fine giugno del 1956.
A soli 61 anni, Silvia perse tragicamente la vita a bordo della sua amata FIAT 500, nel tragitto da Padova a Pordenone. Si spense, ancora nel pieno della sua attività, questa studiosa infaticabile, donna coraggiosa ed emancipata, che tanto contribuì alla conoscenza scientifica delle Alpi Orientali.
Suggerimenti di lettura:
Ms Pordenone, Archivio Società naturalistica S. Zenari, S. Zenari, Scampagnata a Montereale, racconto.
Zangheri, P. (1956). Silvia Zenari (1895-1956), «Arch. Bot. e Biogeogr. It.», s. IV, 1/3
Noacco, A. (2005). Silvia Zenari (1895-1956). Una vita per la scienza, «Ce fastu?», 81/1: 113-130.